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Archive for the ‘un castello una villa un’officina’ Category

No, non è caduta la pioggia durante la splendida lettura di Luigi Bressan e di Luciano Caniato sotto le mura del Castello di Romeo a Montecchio Maggiore. Qualche goccia ogni tanto, qualche raffica di vento, ma gli scrosci hanno aspettato pazientemente che finisse la serata, forse trattenuti dalla bellezza del luogo, dei versi e delle note di Michele Sguotti, il terzo poeta della serata.

Dopo l’ascolto della bella poesia La casavecia di Amneris Zampretti Peretti, letta dal figlio Tom Perry, Bressan e Caniato si sono alternati in modo perfettamente complementare, mentre la viola e il violino di Michele Sguotti creavano un raffinato contrappunto alle parole dei poeti.

Tra il pubblico una presenza molto gradita, quella di Valerio Magrelli.

Ringraziamo la Provincia di Vicenza (soprattutto Francesca Bressan e Iole Serra) e il Comune di Montecchio Maggiore per aver patrocinato e sostenuto con sensibilità e intelligenza i tre incontri della mini-rassegna Un castello, una villa, un’officina. E grazie a tutti gli ospiti (Armando Romero, Maurizio Casagrande, Matteo Vercesi, Patrizia Laquidara, Luciano Caniato, Luciano Cecchinel, Andrea Longega, Marco Munaro, Luigi Bressan, Michele Sguotti, Valerio Magrelli) e agli amici che ci hanno accompagnato.

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ci ripariamo nella chiesa di Sovizzo Colle…

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Intanto il Giornale di Vicenza di oggi ha pubblicato un breve articolo sull’incontro: si legge qui.

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Dopo gli appuntamenti Armando nel cerchio di piombo all’Officina di Vicenza e Un altro Veneto a Villa Cordellina Lombardi, venerdì 13 giugno alle 21 il Castello di Romeo o della Villa di Montecchio Maggiore ospiterà il terzo e ultimo incontro di poesia della rassegna “Un castello, una villa, un’officina”, patrocinata dalla Provincia di Vicenza e dal Comune di Montecchio Maggiore per la cura di Stefano Strazzabosco.

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Castello della Villa

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Al Castello di Romeo saranno presenti i poeti Luigi Bressan e Luciano Caniato, che leggeranno loro testi sul tema della casa. La casa è la terra d’origine, il nido famigliare, lo spazio degli affetti; ma una casa può essere anche la lingua materna, in questo caso il dialetto in cui si scrive. Entrambi i poeti, infatti, sono nativi di zone diverse rispetto a quelle di residenza: Bressan è della provincia di Padova ma vive a Codroipo (UD), Luciano Caniato è nato nel rodigino ma risiede a Conegliano. Per loro, dunque, la casa è anche memoria di terre, persone e parlate rimaste indietro negli anni, che possono rivivere grazie alla poesia.

Ospite d’eccezione della serata sarà il violinista e violista Michele Sguotti, cui sono affidati gli interventi musicali.

Per l’occasione, al termine della lettura sarà possibile visitare gratuitamente le parti restaurate del castello.

In caso di pioggia, invece, l’incontro si terrà nella chiesa parrocchiale di Sovizzo Colle.

L’ingresso è libero.

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LUIGI BRESSAN è nato ad Agna (Pd) nel 1941 e vive a Codroipo (Ud), dove ha insegnato Materie letterarie e LatinoBressan nel Liceo scientifico. Ha pubblicato alcune opere di poesia nel dialetto del suo paese d’origine: El canto del tilio (Campanotto, 1986 – Premio S.Vito al Tagliamento); El zharvelo e le mosche (Boetti & C., 1990; pref. di Giovanni Tesio); Che‘fa la vita fadiga (Edizioni del Leone, 1992); Maraeja (Grafiche Campioli, 1992); Data (Biblioteca Cominiana, 1994; pref. Di Luciana Borsetto); Vose par S. (Collana “La barca di Babele”, 2000; pref. di Franco Loi – Premio Lanciano). In italiano è autore della raccolta Quando sarà stato l’addio? (Il Ponte del Sale, 2007).
E’ presente in varie antologie, tra cui Nuovi Poeti Italiani, a cura di Franco Loi, Einaudi, Torino, 2004. Ha fatto parte della redazione della rivista di letterature dialettali “Diverse Lingue” e ha diretto la collana di poesia “La Barca di Babele” per il Circolo culturale di Meduno, in Friuli.

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LUCIANO CANIATO è nato a Pontecchio Polesine (Rovigo) nel 1946 e vive a Conegliano. Ha insegnato Materie luciano_caniatoLetterarie nella scuola pubblica e ha collaborato a molti periodici scrivendo perlopiù di storia e di letteratura. Tra le sue raccolte poetiche, ricordiamo E maledetto il frutto (Bertani, 1980); La siora nostra morte corporale (Campanotto, 1992; Premio San Vito al Tagliamento); 1998. Ictus; Via ‘zo, (poemetti in dialetto; in In forma di parole, a cura di Gianni Scalia, 1998); Medaiún et alia(Marsilio, 2002); Maliborghi (Il Ponte del Sale, 2010). Presente in numerose antologie, Caniato è anche autore di testi teatrali, soprattutto per le scuole,e curatore di mostre documentarie e fotografiche.

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Luciano Caniato ci ha concesso di diffondere questo suo sonetto mordace indirizzato a Maurizio Casagrande, a proposito della foto che ripubblichiamo più sotto. La foto, di Nicola D’Angelo, è stata scattata al termine della presentazione dell’antologia Un altro Veneto. Poeti in dialetto fra Novecento e Duemila nel salone di Tiepolo della Villa Cordellina Lombardi di Montecchio Maggiore, il 6 giugno 2014.

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La foto ch’emo fato ‘sti tri-quatro
vignù a ’scoltarse lèzare puisia
(Tiepolo inperante el salunzin), tra
vinti ani “Varda”, i dirà, “sto chì l’è

lu, purin,  za fato tera da bocai;
’st’altro la l’à lassà co l’à capìo
che ai versi ghe fa schifo el scheo.
E questo co’sto libro in man chi elo?”.

Eco parché, davanti a un clic,
mejo siria voltarse par de là,
saverla za la storia ch’a ne speta.

Cossa che la vita fa, Maurizio:
zerchemo gloria che inparfuma, ma
intanto el tenpo ne mòrsega int’el culo.

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Marco Munaro, Luciano Caniato, Maurizio Casagrande, Matteo Vercesi, Luciano Cecchinel, Patrizia Laquidara, Giovanni Turria, Andrea Longega, Stefano Strazzabosco

Marco Munaro, Luciano Caniato, Maurizio Casagrande, Matteo Vercesi, Luciano Cecchinel, Patrizia Laquidara, Giovanni Turria, Andrea Longega, Stefano Strazzabosco

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Ieri sera le sale della Villa Cordellina di Montecchio Maggiore risuonavano di splendide voci: quelle dei poeti venuti di persona a leggere i propri testi (Luciano Caniato, Luciano Cecchinel, Andrea Longega, Marco Munaro); quelle degli autori letti dai curatori dell’antologia, Maurizio Casagrande e Matteo Vercesi (Fernando Bandini, Luigi Bressan, Fabio Franzin, Nerina Noro, Romano Pascutto, Eugenio Tomiolo); quella di Patrizia Laquidara, che ha cantato tre pezzi in dialetto veneto dialogando alla perfezione coi testi dei poeti.

Pubblichiamo qualche immagine a ricordo dell’incontro. Le foto sono state scattate da Giovanni Turria e da Nicola D’Angelo, che ringraziamo.

Un altro resoconto della serata è leggibile qui.

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L’antologia critica Un altro Veneto. Poeti in dialetto fra Novecento e Duemila, curata da Maurizio Casagrande e Matteo Vercesi e pubblicata dalle Edizioni Cofine (Roma 2014) raccoglie i testi di 16 poeti: Fernando Bandini, Luigi Bressan, Ernesto Calzavara, Luciano Caniato, Maurizio Casagrande, Luciano Cecchinel, Carlo Della Corte, Fabio Franzin, Andrea Longega, Sante Minetto, Marco Munaro, Nerina Noro, Romano Pascutto, Bino Rebellato, Eugenio Tomiolo, Sandro Zanotto.

Venerdì 6 giugno alle 18.00, presso la Villa Cordellina Lombardi di Montecchio Maggiore, l’antologia sarà presentata dagli stessi curatori, che parleranno del loro lavoro e leggeranno alcuni testi dal libro.

Patrizia Laquidara creerà degli intermezzi vocali facendo dialogare il suo magnifico canto con l’altrettanto magnifico controcanto dei poeti veneti.

L’appuntamento è il secondo incontro del ciclo Un castello, una villa, un’officina, patrocinato dalla Provincia di Vicenza e dal Comune di Montecchio Maggiore.

L’ingresso è libero, fino all’esaurimento dei posti disponibili.

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Qualche immagine di Armando nel cerchio di piombo.

Gli scatti sono di Luigi Bianco, che ringraziamo.

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Il cerchio che stringeva Armando nella morsa non ha retto all’irruenza del mare: l’acqua vi è entrata schiumando, accompagnata dai colori dell’Egeo. Così il piombo si è sciolto in un bagno di luce, la poesia di Romero ha liquefatto la materia trasformandola in sogno.

Anche le macchine, però, hanno ottenuto qualcosa: sono riuscite a catturare un po’ di versi imprigionandoli nei loro caratteri di piombo. Così la luce è diventata gesto, carta e inchiostro. Nigra lux facta, et impressa est.

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Armando001.

Armando002

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cerchio

Più che un cerchio, un’ellisse. Con due fuochi. Nel primo le poesie in spagnolo, nell’altro le versioni in italiano. Intorno sei pedaline, i torchi tipografici più piccoli, manovrate da altrettante sudentesse del corso “Tecniche e Procedimenti di Stampa” dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. In mezzo al cerchio-ellisse, oltre ad Armando Romero, il pubblico. E la poesia, che da parola si trasforma in traccia d’inchiostro sulla carta. Gesto, movimento, pressione, suono (tra-trac), parola. Quasi un bagliore nero, ma sonoro.

La partitura per sestetto di pedaline e voce è diretta da Giovanni Turria, docente all’Accademia (oltre che a Urbino). Le poesie di Romero sono tratte da Il colore dell’Egeo (Sinopia, Venezia 2014) di cui Claudio Cinti, editore e poeta, può dire qualcosa; ma può anche darsi che si limiti a cucire, col suo refe del colore del mare, i fogli stampati dal sestetto di pedaline tra-traccanti. Fiat nigra lux (et imprimatur).

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P.

ARMANDO ROMERO

“La poesia di Armando Romero” – afferma il grande poeta colombiano Alvaro Mutis – “non ha antecedenti in qualsiasi scuola nota o gruppo. Nella sua poesia non sono mai riuscito a trovare radici, testimonianze che riconducano ad altri, visioni riprese o rielaborate da altri. Nella poesia di Armando Romero c’è un modo di narrare un mondo che è tutto suo, personalissimo e profondo. Nelle sue poesie vivono storie di vita vissuta, c’è desolazione e amore, disordine e gioia, orme di un uomo che cammina tra la gente”.
“È un fatto indiscutibile – scrive Martha L. Canfield nell’introduzione italiana a La radice delle bestie, folgorante raccolta di piccoli racconti di Romero edita da Sinopia – della storia letteraria ispanoamericana che il surrealismo, fra tutte le avanguardie storiche, è quello che ha lasciato un’eredità più vasta e duratura. Ed è attraverso questa linea oscura ma costante dell’immaginario ispanico che emerge la prosa sconvolgente e affascinante di Armando Romero. La lezione del surrealismo lo porta con insolita irriguardosa fermezza all’incontro di quell’animalità profonda che giace dentro di noi, schiacciata o rimossa dai principi della civiltà e della cultura. Il Cane andaluso di Buñuel e il Minotauro di Picasso lo precedono; il Manuale di zoologia fantastica (1957) di Jorge Luis Borges e il Bestiario (1959) del messicano Juan José Arreola lo accolgono festosamente in quella dimensione in cui le forme incontrollabili del sogno sposano la perizia del gioco verbale. Così, sogno e poesia, mito e gioco, realtà e astrazione dal reale producono pezzi di bravura che – una volta superato l’incantesimo iniziale – ci lasciano a meditare a lungo”.

Romero è stato esponente del Gruppo Nadaista, movimento letterario di avanguardia sviluppatosi negli anni Sessanta nel suo Paese, la Colombia. La vita lo ha poi portato a viaggiare e soggiornare anche a lungo in diversi paesi del continente americano, in Europa e in Asia. Da molti anni risiede negli Stati Uniti, dove lavora come docente. Molte le raccolte poetiche pubblicate a iniziare dal 1975 in diversi Paesi del Sud America, alternate a romanzi e racconti. Il romanzo La rueda de Chicago gli ha fatto ottenere il Premio per la miglior opera d’avventura al Latino Book Festival di New York del 2005.
Le sue opere sono tradotte in numerose lingue: inglese, italiano, francese, portoghese, greco, arabo, rumeno, tedesco. In Italia i suoi libri sono editi dalla casa editrice veneziana Sinopia.

Un’altra sintesi del ciclo Un castello, una villa, un’officina si può leggere anche qui (da “Il Giornale di Vicenza” di oggi, 22 maggio 2014) e qui (da “VicenzaPiù”).

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locandina

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