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Archive for the ‘Programma 2010’ Category

Stefano Scodanibbio fotografato da Alfredo Tabocchini

Il nostro amico Stefano Scodanibbio, compagno di avventure di Edoardo Sanguineti (anche a Vicenza, il 28 aprile 2010 per Dire poesia) e di molti altri artisti, pensatori, musicisti e poeti, è morto a Cuernavaca, in Messico, nella notte tra domenica 8 e lunedì 9 gennaio 2012. Era nato a Macerata il 18 giugno 1956.

Malato da tempo, Stefano ha voluto morire nella terra che amava e cui tornava ogni anno.

Ora le sue ceneri saranno disperse nei giardini di due suoi grandi amici messicani, compositori come lui: Ana Lara e Julio Estrada.

In questo grande silenzio, la sua musica risuona più di prima.

http://www.stefanoscodanibbio.com/index.htm

http://it.wikipedia.org/wiki/Stefano_Scodanibbio

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Oggi “Il Giornale di Vicenza” ha pubblicato una parte delle domande che Fabio Giaretta ha rivolto a Yang Lian la sera del 10 maggio, dopo la sua lettura a Palazzo Chiericati. Come al solito, per concessione dell’autore e per comodità dei lettori, riportiamo l’intervista anche qui:

Se volessimo giudicare lo stato di salute della poesia dall’afflusso di pubblico a Dire poesia 2010, la diagnosi apparirebbe chiara: essa mostra senz’altro una grande vitalità. Anche Yang Lian, ospite di lusso dell’appuntamento che ha chiuso a Palazzo Chiericati questa interessante rassegna poetica, si è visibilmente stupito di trovare davanti a sé una sala gremita di gente. “Ho quasi la sensazione – ha esclamato – che Londra e Pechino siano delle città così piccole…” Ed ha poi continuato: “Se sono qui è per provarvi che la tradizione della poesia cinese è ancora viva”.
Dopo l’esauriente presentazione di Marta Nori, insegnante di cinese al liceo Pigafetta, Yang Lian ha letto in cinese diverse sue poesie, tra cui La tomba dei saggi, un inedito stampato per l’occasione da L’Officina arte contemporanea, che sono poi state recitate in italiano dalle intense Martina Pittarello e Valentina Brusaferro.
Alla fine dell’incontro, abbiamo intervistato Yang Lian con la preziosa collaborazione, in veste di interprete, di Marta Nori che ringraziamo.

È vero che uno degli eventi che l’ha spinta a scrivere poesie è stata la morte di sua madre?
È vero. Mia madre è morta nel 1976. Io ero nelle campagne cinesi per la rieducazione a cui erano sottoposti tutti gli intellettuali. Prima della sua morte avevo scritto qualcosa, ma era tutto un po’ romantico e semplice, non avevo capito che la poesia nasceva dalla parte più profonda di me. Dopo la sua morte in me si è creata una sensazione di vuoto, anche perché ero solo, non c’era nessuno vicino con cui potessi sfogarmi. La poesia è diventata così l’unico modo di esprimermi, non solo per me, ma in qualche modo anche per parlare a mia madre. Quest’ultima sensazione segretamente è sempre con me. Mia madre ha fatto iniziare la mia carriera di poeta, però non ha mai letto niente di quello che ho scritto.

Lei e molti altri nuovi poeti cinesi siete stati accusati di praticare una poesia “menglong”, cioè oscura. Come mai vi venne data questa etichetta denigratoria?
Prima di tutto per me poesia oscura non è un nome corretto ed è nato perché la gente voleva criticarci in quanto non riusciva a capire quello che volevamo dire. Dal mio punto di vista la poesia oscura è stato il primo momento in cui abbiamo iniziato a ripulire la lingua dopo la rivoluzione culturale. Ci siamo sbarazzati di tutti quei paroloni come socialismo, comunismo, e siamo tornati un po’ alla volta alla lingua tradizionale o alla tradizione della lingua. Abbiamo parlato di morte, di vita, di sole, di luna, di dolore, però in un modo moderno, per esprimere i nostri sentimenti. Quindi siamo andati incontro alla lingua tradizionale per esprimere però una situazione attuale. Abbiamo espresso i nostri sentimenti nella nostra propria lingua, cioè nella lingua individuale di ciascuno di noi, quindi molto diversa da quella lingua di propaganda che aveva caratterizzato la Cina.

Qual è il suo rapporto con la poesia cinese classica?
Io scrivo in cinese, una lingua che è cambiata moltissimo. Amo la poesia classica cinese ma non c’è modo di copiarla. Quello che posso fare è pormi delle domande e porre delle domande anche alla lingua, le più profonde possibili. Quindi, da un punto di vista filosofico, la mia poesia serve ad esprimere la situazione dell’uomo. La poesia ha a che fare con la nostra vita. Anche se scrivo questa poesia, chiamiamola moderna, gli antichi poeti classici sono sempre dietro di me e mi guardano. Quando compongo una poesia devo anche chiedermi cosa penserebbero loro. Direi che la mia poesia è come una domanda moderna per rispondere alla quale devo raccogliere elementi da ogni direzione per essere creativo.

Il verso finale della poesia 1989 dedicata al massacro di Tian’an Men recita: “Questo senza dubbio è un anno perfettamente ordinario”. È uno strano verso considerando la portata dell’evento…
Quando accadde il massacro di piazza Tian’an Men tutti eravamo scioccati e increduli. Allora mi è sorta questa domanda: Dov’è la nostra memoria per tutti i morti che ci sono stati prima di questo evento, tutti i morti per esempio della rivoluzione culturale? Sembrava che fosse la prima volta che vedevamo dei morti. Se le nostre lacrime servono solo per lavarci la memoria, allora chi è che può garantire che non succeda un’altra Tian’an Men?

In Omaggio alla poesia lei scrive: “Sono un poeta / se voglio che la rosa sbocci sboccerà / la libertà tornerà”. Da questi versi emerge una grande fiducia nella poesia…
Quando ho scritto questa poesia ero molto giovane, quindi è un po’ romantica. Però a distanza di trent’anni la mia fede nella poesia è diventata più profonda e più forte. Penso che questo mondo globale stia diventando una globalità di cinismo e di egoismo in cui domina l’unione del potere e dei soldi globali. Anche se la poesia non viene rifiutata da questo potere e da questi soldi, tuttavia è la poesia a rifiutare loro. La poesia è la libertà del pensiero e della parola. La poesia è il luogo in cui possiamo opporre la nostra resistenza etica.

di Fabio Giaretta

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Almeno 150 persone hanno affollato, ieri, le sale al piano terra di Palazzo Chiericati, dove Yang Lian ha letto in un musicalissimo cinese alcune sue poesie, mentre Valentina Brusaferro e Martina Pittarello ne rendevano la bellezza in italiano, e Marta Nori introduceva e traduceva dall’inglese le parole che il poeta ha premesso ai suoi testi e quelle con cui ha risposto alle domande del pubblico.

Dire poesia si è conclusa nel migliore dei modi, “quadrando” il cerchio aperto da Titos Patrikios, grande amico di Yang Lian: tra l’altro, entrambi hanno sofferto l’esilio, e l’inedito di Yang Lian distribuito al pubblico è ambientato, curiosamente, proprio in un villaggio greco.

Tra il pubblico erano presenti anche molti studenti di cinese del Liceo “Pigafetta”, che prima dell’incontro hanno rivolto al poeta alcune domande, cui Yang Lian ha risposto con la consueta profonda intelligenza.
All’inizio dell’incontro Yang Lian, stupito per la grande affluenza, ha detto che per uguagliare il pubblico di Vicenza bisognerebbe mettere insieme quelli di Londra e di Beijing. Al di là della battuta, ci pare bello sottolineare che tutti i poeti ospiti di Dire poesia hanno espresso meraviglia per la quantità e la qualità del pubblico vicentino, aggiungendo che nemmeno nelle grandi città è consueto trovare delle sale così gremite di persone, attente, partecipi e affettuose, riunite per ascoltare dei versi.

Intanto sul Giornale di Vicenza di ieri è stata pubblicata una bella intervista a Patrizia Valduga: per comodità, e per gentile concessione di Fabio Giaretta, estensore dell’articolo, la pubblichiamo anche qui:

Patrizia Valduga è intrisa di poesia. Insieme al sangue, nelle sue vene, scorrono versi. Versi che la sua voce sa trasformare in un canto straziato e viscerale, dotato di una forza ammaliatrice e incantatoria che ha stregato le numerosissime persone intervenute all’ottavo incontro di Dire poesia per ascoltarla. La Valduga, introdotta dalla puntuale presentazione di Fabio Magro, autore di un’importante monografia su Giovanni Raboni, ha recitato a memoria diversi testi di autori da lei sommamente amati, come Pascoli e Petrarca, ma ha anche offerto un’emozionante antologia dei suoi versi che ha attraversato le principali forme metriche da lei affrontate. La poetessa ha poi chiuso l’incontro recitando, con commosso trasporto, le intense Canzonette mortali che Raboni, uno dei più grandi poeti del Novecento, morto nel 2004, le ha dedicato.

Lei ha condiviso 24 anni di vita e di poesia con Raboni. Può raccontarci com’è nato il vostro incontro? Che ricordo ha di lui?
Alle ore 14.30 del 23 gennaio del 1981 in via Fatebenefratelli 30 (arrivata in automobile da Belluno con un amico pellicciaio) ho suonato il campanello, ubriaca perché avevo paura. Raboni ha aperto la porta (camicia chiara, maglione girocollo nero, pantaloni beige di velluto a coste, desert boots color sabbia). Al suo “buongiorno” ho risposto: “Sono ubriaca e ho bisogno di pisciare”. Poi abbiamo parlato, mi ha voluto dare “La fossa di Cherubino”, ci ha scritto la dedica, mi sono inginocchiata per leggerla e mi ha baciata (direi alle 14.45).
Raboni è il mio maestro e il mio amore, è una struttura della mia mente, scorre nelle mie vene.

Nello scritto contenuto nella sua raccolta Lezione d’amore si legge: “Scrivere è esposizione rituale alla morte, per vincere, per un istante, la paura della morte”. La morte, in effetti, è fortemente presente nei suoi versi…
Non ce la metto io con intenzione, viene fuori da sola. Sono così ipocondriaca e piena di attacchi di panico, che passerei volentieri ad altro.

Per quale ragione ha imparato e continua ad imparare così tanti versi a memoria?
Già a otto anni, pur non capendo nulla, ho imparato a memoria Davanti a San Guido che era nell’antologia di mia sorella più grande. So a memoria tanti versi perché mi servono contro le paure. Certo non funzionano sempre. Per esempio appena ho imparato a memoria L’ultimo sogno di Giovanni Prati ha avuto un effetto strepitoso. Ha fermato un attacco di panico in metropolitana, mi ha rasserenata, ma dopo due, tre applicazioni bisogna impararne un altro e poi un altro ancora. Per me la poesia, soprattutto degli altri, è un conforto.

Nei suoi testi, ha sempre rifiutato il verso libero, recuperando versi classici e forme chiuse. Come mai vi è in lei questa predilezione?
Amo anche i cosiddetti versi liberi, che – peraltro – liberi non sono mai per davvero; ma io non li so fare: se non ho una gabbia formale, non so quando andare a capo. Penso che, oltre alle sei funzioni indicate da Jakobson per la lingua, la poesia possieda anche una funzione erogena, produttrice di piacere. Questo piacere è dato dalla successione ordinata di suoni e di ritmi. Amo la forma chiusa perché mi dà più piacere di quella aperta.

L’aneddoto sulla nascita del suo primo sonetto è molto gustoso. Può raccontarcelo?
Il primo sonetto l’ho scritto per sedurre un professore dell’università Ca’ Foscari e ci sono riuscita. Però il piacere che ho provato nello scrivere il sonetto è stato di gran lunga superiore a quello che ho provato accoppiandomi con il professore. Con lui è finita subito, invece con la poesia è andata avanti.

Nella sua poesia l’erotismo ha un ruolo di primissimo piano. Come mai?
Chi gode non parla di sesso; sono i disgraziati come me, il cui piacere difficile col tempo finisce per diventare quasi impossibile, che si sfogano così. Una volta ho risposto in questo modo alla domanda “Perché scrivi”: per cavare un po’ di piacere dalla lingua quando non mi riesce di cavarlo altrove.

In Per una definizione di poesia lei dice però che se oggi le venisse fatta la domanda: Perché scrive, risponderebbe: Perché sono una persona religiosa. Cosa intende dire?
Non mi basta più il piacere sensuale di una successione ordinata di suoni e di ritmi. Ho bisogno di un senso più forte, di qualcosa che nutra la mente e non sia solo piacere che nutre l’udito. Per me la religiosità consiste nella fede nella parola come strumento di responsabilità morale.

Fabio Giaretta

P.S. A una nostra amica, frequentatrice degli incontri di Dire poesia, è stato sottratto il registratore digitale che aveva appoggiato sul tavolo dietro al quale sedeva Patrizia Valduga.
Se qualcuno lo rintracciasse, è pregato di lasciarlo nella portineria di Palazzo Leoni Montanari.
Errare humanum, perseverare diabolicum.

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Yang Lian è arrivato a Vicenza e oggi sarà regolarmente a Palazzo Chiericati.
Questo è l’ultimo appuntamento di Dire poesia 2010, ma nel blog pubblicheremo altri articoli e foto, e riceveremo volentieri i commenti di chi ci ha seguito dal 21 marzo a oggi.
Grazie a tutti, a presto.

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Rinvio


Rinviato l’appuntamento con il poeta Yang Lian
Comunicato stampa

I noti disagi al traffico aeroportuale europeo, causati dalla nube di cenere vulcanica proveniente dall’Islanda, hanno impedito la partenza da Londra del poeta Yang Lian. È stato pertanto necessario rinviare il sesto appuntamento della rassegna Dire poesia, previsto per oggi, giovedì 22 aprile, a cui avrebbe partecipato l’ospite cinese.
L’incontro si terrà lunedì 10 maggio, alle ore 18, sempre a Palazzo Chiericati (piazza Matteotti).

Yang Lian – importante esponente della poesia cinese contemporanea e voce della dissidenza, candidato al Nobel nel 2002 – è uno dei più prestigiosi ospiti del ciclo di letture poetiche Dire poesia, un’iniziativa promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Vicenza in collaborazione con Intesa Sanpaolo.
Marta Nori, insegnante di Lingua e Civiltà cinese moderna al Liceo “A. Pigafetta” di Vicenza, introdurrà il poeta cinese, mentre a leggere le traduzioni delle sue poesie saranno le attrici Valentina Brusaferro e Martina Pittarello.
L’incontro è a ingresso gratuito fino ad esaurimento dei posti disponibili.

Per informazioni
Comune di Vicenza, Assessorato alla Cultura
0444 222101 0444 222101
infocultura@comune.vicenza.it – infocultura@comune.vicenza.it

Intesa Sanpaolo, Beni Culturali
800 201782 800 201782
beniculturali@intesasanpaolo.com

direpoesia@gmail.com

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Eyjafjallajokull e nuvole


Viviamo in un mondo vulcanizzato, e questa volta non è colpa nostra.
Mentre Edoardo Sanguineti è bloccato a Madrid, Yang Lian non può partire da Londra.
Citiamo dal sito di rainews24:

Gran Bretagna
Nel giorno in cui si sperava iniziasse la normalizzazione del traffico aereo europeo dopo i cinque giorni di stop, dall’Islanda si muove verso la Gran Bretagna una nuova nuvola di cenere. Lo rendono noto le autorita’ di controllo del traffico aereo, che ieri avevano annunciato un piano per la riapertura degli aeroporti in Scozia, Irlanda del nord e la parte settentrionale dell’Inghilterra in mattinata. Ma ora la situazione sembra essere peggiorata in alcune aree, ed e’ particolarmente incerta in Irlanda del Nord. Viene poi considerato improbabile, secondo quanto riporta la Cnn, che si possano riaprire questa sera alle 18 gli aeroporti di Londra, come era stato sempre annunciato ieri. Ora la British Airways ha fatto sapere che sta analizzando la fattibilita’ del piano. “Questo dimostra le condizioni dinamiche ed in continua evoluzione in cui stiamo lavorando” hanno dichiarato le autorita’ britanniche di controllo del traffico aereo.

Dopo aver sperato fino all’ultimo che gli aeroporti della capitale britannica riaprissero oggi, e che quindi Yang Lian potesse atterrare stasera a Venezia, com’era previsto, le ultime notizie hanno letteralmente incenerito i nostri piani, costringendoci a modificarli.
Pertanto, se nei prossimi giorni la situazione tornerà normale, l’incontro con Yang Lian si terrà lunedì 10 maggio (palazzo Chiericati, ore 18.00).
Più avanti forniremo altre notizie.

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La seconda edizione della rassegna Dire poesia si terrà dal 21 marzo al 7 maggio 2010 a Vicenza.

La manifestazione è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Vicenza e da Intesa Sanpaolo, in collaborazione con L’Officina arte contemporanea di Vicenza.

L’iniziativa, curata da Stefano Strazzabosco, si articolerà in nove appuntamenti che vedranno la partecipazione di alcuni tra i nomi piu’ importanti della poesia contemporanea italiana e internazionale.

I luoghi degli incontri – le Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, Palazzo Chiericati, L’Officina arte contemporanea e lo spazio AB23 – sono stati selezionati per amplificare il potere evocativo della parola poetica.

Ecco il programma:

dom. 21 marzo, ore 17.00 Titos Patrikios (introduce Filippomaria Pontani) – Palazzo Leoni Montanari

giov. 25 marzo, ore 18.00 Armando Romero (introduce Alessandro Mistrorigo) – Palazzo Leoni Montanari

mart. 6 aprile , ore 17.30  Dire poesia on/off: Ariadne Radi Cor L’Officina Arte Contemporanea

ven. 9 aprile, ore 17.30  Dire poesia off: Alessandra Conte, Roberto Cogo – L’Officina Arte Contemporanea

ven. 16 aprile, ore 17.30  Poesia della migrazione: Mia Lecomte, Candelaria Romero, Božidar Stanišić (introduce Mia Lecomte) – Palazzo Chiericati

giov. 22 aprile, ore 18.00 Yang Lian (introduce Marta Nori) – Palazzo Chericati

merc. 28 aprile, ore 18.00 Edoardo Sanguineti con Stefano ScodanibbioPalazzo Leoni Montanari

merc. 5 maggio, ore 18.00 Dire poesia on/off: Antonella Bukovaz con Hanna Preuss – AB23

ven. 7 maggio , ore 18.00 Patrizia Valduga (introduce Fabio Magro) – Palazzo Leoni Montanari

Per informazioni:

direpoesia@gmail.com

Comune di Vicenza – Assessorato alla Cultura
tel. 0444 222101 – 222114
infocultura@comune.vicenza.it

Intesa Sanpaolo – Beni culturali
tel 800.201.782
beniculturali@intesasanpaolo.com

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