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Archive for the ‘Manifesti di poesia contemporanea’ Category

Sabato 29 settembre alle ore 18.30, presso il Porto Burci di Vicenza, Maurizio Casagrande, Mauro Sambi e Stefano Strazzabosco leggeranno dai rispettivi libretti editi recentemente da Ronzani Editore nella collana Qui e altrove. Manifesti di poesia contemporanea.

Verranno letti anche testi della poetessa zapoteca messicana Natalia Toledo.

Introdurrà l’incontro Matteo Vercesi, direttore della collana e studioso di letterature dialettali.

L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

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Maurizio Casagrande è nato a Padova nel 1961 e insegna Lettere nelle scuole superiori. Per il Ponte del Sale di Rovigo ha pubblicato la raccolta Sofegòn carogna (2011). Del 2015 sono la silloge Pa’ vèrghine ave, Le Voci della Luna (Premio Renato Giorgi, Sasso Marconi) e la plaquette Soto ‘a nogara, ma fora stajòn, La Vencedora, Coyoacán, México – Vicenza. Nel 2016 ha ottenuto il premio «Giuseppe Malattia della Vallata» per alcune liriche inedite, ora incluse nella raccolta Dàssea ‘nare, di prossima pubblicazione presso il Ponte del Sale. Collabora occasionalmente con le riviste «Letteratura e dialetti», «La Battana», «Verifiche» ed è redattore di «In aspre rimE».

 

 

“Una scrittura che opera per sottrazione e non per sovrabbondanza, quella di Casagrande, congerie di suoni talvolta aspri e stridenti che, come un lento e multiforme processo di raffreddamento del magma, risale le profondità della terra come un fuso viscoso, cristallizzando figurazioni sedimentatesi in una memoria al contempo individuale e collettiva e impastando elementi eterogenei: natura, cultura, senso di comunità e interrogazione sulla dimensione dello scorrere del tempo, nella ricerca dolente di una pacificazione di tensioni che confliggono” (dall’introduzione di Matteo Vercesi).

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Mauro Sambi (1968) è nato e cresciuto a Pola, in Croazia. Vive a Padova dal 1987, dove è Professore ordinario di chimica generale e inorganica. Ha esordito nel 1998 con la silloge Di molte quinte vuote (Premio Città di San Vito al Tagliamento), confluita nel 2010 ne L’alloro di Pound. Poesie 1994-2009 (Edit, Fiume). Nel 2015 ha pubblicato Diario d’inverno (LietoColle, Faloppio).

 

 

Una scoperta del pensiero e altre fedeltà, volume ampliato rispetto alla precedente plaquette, “si nutre di contaminazioni, citazioni più o meno occulte, varianti, rifacimenti, traduzioni, per lo più da testi classici o inglesi. Seguendo il più antico degli ammonimenti, Sambi si fa strada nel solco della tradizione con quello che potremmo chiamare uno sperimentalismo conservatore” (dall’introduzione di Bruno Nacci).

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Stefano Strazzabosco (Vicenza, 1964), dopo aver insegnato Lettere alle scuole superiori, ora vive tra la sua città natale e Città del Messico, dove lavora come professore di Letteratura italiana a contratto presso la UNAM (Universidad Nacional Autónoma de México), l’Istituto Italiano di Cultura e altre istituzioni. Ha pubblicato saggi, traduzioni, il monologo teatrale Tina. Masque su Tina Modotti (2007 e 2016) e le raccolte di poesia Racconto (1995), Dímmene tante (2003), Blister (2009), 66 (2013), P – Planh per Pier Paolo Pasolini (con fotografe di Graciela Iturbide e scritti di Michele Presutto e Juan Gelman, 2014), TT ZZZZZ – Cantos de las hormigas (con disegni di Francisco Soto, 2015), Dimmi (2015), Poemas de bolsillo (2016), Estar (2016), Alba (con una prefazione di Marco Munaro e un inchiostro di Fulvio Testa, 2018).

 

 

“Sono poesie “mature” queste di Strazzabosco, che stanno in calcolato equilibrio tra la tentazione lirica, che nel poeta affiora con naturalezza, e la pressione ruvida della realtà. Strazzabosco soffre la realtà, ma la soffre in senso morale, e questo conferisce al suo progetto poetico una consistenza che non avrebbe se fosse soltanto, e non è, una pura sequenza di versi abilmente allineati. Il risultato è che la poesia di Strazzabosco sta miracolosamente in bilico tra l’ansia di assoluto, che si intravvede sullo sfondo, e l’aderenza alle cose, al quotidiano, all’ordinario” (dall’introduzione di Paolo Lanaro).

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Natalia Toledo (Juchitán, Oaxaca – Messico, 1967) scrive in zapoteco e in spagnolo. Ha studiato presso la Escuela General de Escritores Mexicanos. In edizioni bilingue ha pubblicato i racconti Guendaguti ñee sisi (La morte piedi leggeri, 2005; tradotto in mixteco, chinanteco e mixe); Dxiidxa’ xti’ lexu ne gueu’ (Il coniglio e il coyote, 2008; tradotto in inglese e in maya); Ba’du’ qui ñapa luuna’ (Il bambino che non ebbe un letto, 2013); le raccolte di poesia Paradiso di fessure (1992); Donne di sole, donne d’oro (2002; tradotto in francese); Fior di palude. Antologia personale (2004); Olivo nero (2005, Premio Nezahualcóyotl di Letteratura in Lingue Indigene, tradotto in inglese). La raccolta bilingue Deche bitoope – El dorso del cangrejo (Il dorso del granchio), da cui sono tratti i testi di Zapotechi, è uscita per le Edizioni Almadía di Oaxaca nel 2016.

 

 

“Ciò che più colpisce nella poesia di Natalia Toledo è l’espressione di una profonda empatia tra Natura e Soggetto: non solo una vicinanza ma un’intimità, quasi un sovrapporsi di tratti. La poesia della Toledo è anche intrinsecamente politica, ma specie in questi testi pare più attenta a descrivere e raccontare soprattutto la condizione femminile nelle comunità zapoteche dell’Istmo di Tehuantepec e dello Stato messicano di Oaxaca: ampie zone in cui la presenza indigena è ancora maggioritaria, e anche le varietà linguistiche autoctone sono ben vive, sotto e accanto allo Spagnolo veicolare” (dall’introduzione di Stefano Strazzabosco).

 

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