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Posts Tagged ‘poesia’

Sabato 17 giugno alle ore 19 presso Porto Burci Cristina Alziati presenterà la sua raccolta poetica più recente, Quarantanove poesie e altri disturbi (MarcosyMarcos, Milano 2023).

La raccolta esce a undici anni di distanza dalla precedente, Come non piangenti, che a suo tempo venne presentata anche a dire poesia. Con questo nuovo libro, Cristina Alziati conferma di essere una delle voci più significative della poesia contemporanea, capace di intrecciare la storia personale e quella collettiva in testi di assoluto, cristallino splendore.

Il sito della casa editrice aggiunge quanto segue:

Sensibili e misteriose, le poesie di Cristina Alziati sono nitide visioni dal buio o “dal chiarore dell’inesistenza”.
Toccano ringhiere di cenere, le piante sotto la corteccia.
Provano intimità universali tra chiazze d’ossido, nuvole e terra; raccontano la ruggine dei rovi, deserto che non c’era.
Attraversano grandi stanze semivuote, una piccola folla in cucina.
Salgono le scale in silenzio, scampate al naufragio; viaggiano sui tetti dei treni. “Non temono le spine”.
A undici anni di distanza dal libro precedente,
Come non piangenti, torna una tra le voci più potenti e spiazzanti della poesia contemporanea.

L’incontro, durante il quale verranno letti vari testi tratti dalla raccolta, è coordinato da Stefano Strazzabosco.

L’ingresso è libero.

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Cristina Alziati è nata nel 1963 e ha studiato filosofia. Vive a Bolzano. Il suo esordio poetico risale al 1992, quando una sua silloge, presentata con grande convinzione da Franco Fortini, esce in un’antologia. Nel 2005 pubblica il suo primo libro, A compimento (Manni), che nel 2006 si aggiudica il Premio internazionale di poesia Pier Paolo Pasolini e giunge finalista al Premio Viareggio-Opera prima. Nel 2011 Marcos y Marcos dà alle stampe Come non piangenti, Premio Marazza (2012), Premio Pozzale – Luigi Russo (2012) e premio Premio Stephen Dedalus-Pordenonelegge (2013); la raccolta ispira Carlo Boccadoro, che compone Quattro liriche su versi di Cristina Alziati per mezzosoprano e pianoforte (Ricordi, 2013).

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IO GUARDO IL CIELO, IL CIELO CHE TU GUARDI

Fiori, ombre, topi, tremalumi, ibischi, cactus, campanelli:

poesie tra umano e sovrumano

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INCONTRI CON POETI A VICENZA

Octavia Monaco, Participacion mistique.
Carboncino, pastelli a olio e acrilico su carta, 2013. www.octaviamonaco.com

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Giovedì 10 novembre

LUIGI BRESSAN

La viola di Strauss, Ronzani, 2022

con Stefano Strazzabosco

Cooperativa Insieme (via Dalla Scola, 255), ore 20.30

in collaborazione con “Di sana pianta”

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Venerdì 18 novembre

ZELDA ZANOBINI

Non era l’ombra di niente, Il Ponte del Sale, 2022

con Marco Munaro

& Art Gallery (contrà Frasche del Gambero, 17), ore 18.30

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Mercoledì 23 novembre

LUIS VIDALES

Suonano campanelli, La Vencedora, 2022

con Enrico Mitrovich

EXOFFICINA (contrà Carpagnon, 17), ore 18.30

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Mercoledì 30 novembre

FABIO PUSTERLA

Tremalume, Marcos y Marcos, 2022

e Da qualche parte nello spazio, Le Lettere, 2022

con Massimo Natale

Biblioteca civica Bertoliana,

Palazzo Cordellina (contrà Riale, 12), ore 18

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Mercoledì 7 dicembre – online

AGUSTÍN JIMÉNEZ

Wirikuta, La Vencedora, 2022

con Luigi Amara

Porto Burci (contrà dei Burci, 27), ore 18.30

in collaborazione con “Imboscate”

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Martedì 13 dicembre

GIAN MARIO VILLALTA

Dove sono gli anni, Garzanti, 2022

con Stefano Strazzabosco

Sala dei chiostri di San Lorenzo (piazza San Lorenzo, 2), ore 18.30

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Venerdì 16 dicembre – online

ANTONELLA ANEDDA

Le piante di Darwin e i topi di Leopardi, Interlinea, 2022

con Ife Collective

Spazio Voll (via della Robbia Luca, 19), ore 18.30

in collaborazione con “Di sana pianta”

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Io guardo il cielo, il cielo che tu guardi (un verso di Patrizia Cavalli da Vita meravigliosa) è una rassegna di letture poetiche curata da Chiara Spadaro e da Stefano Strazzabosco.

Le letture ruotano intorno al tema degli ecosistemi in un mondo minacciato e instabile, ovvero del rapporto tra l’umano e il sovrumano (libera traduzione di “more-than-human”, l’intreccio multispecie in cui non siamo più i soli a dettare le regole del rapporto tra natura e cultura).

“Fiori, ombre, topi, tremalumi, ibischi, cactus, campanelli” – che ritroviamo tra le pagine dei libri proposti, tutti usciti quest’anno – animano un microcosmo nel quale possiamo riconoscerci in quest’epoca di crisi e anche, come sempre, di bellezza.

Il percorso si snoda in sette tappe a ingresso libero, ciascuna con almeno un libro di riferimento:

La viola di Strauss di Luigi Bressan (Ronzani, 2022; traduzione in inglese di G. Codifava, con una lettera all’autore di D. Cavaion) è un notevole erbario floreale in cui l’osservazione della natura trova accensioni liriche e brevi sviluppi narrativi che parlano di comunità e di continue, vitalissime rinascite;

Non era l’ombra di niente di Zelda Zanobini (Il Ponte del Sale, 2022) è un assemblaggio di vari lavori poetici sull’ecologia dei sentimenti e sulle relazioni che ne scaturiscono, e insieme una chiamata e una protesta;

Suonano campanelli di Luis Vidales (La Vencedora, 2022; con centocinquanta attacchi alieni di E. Mitrovich) è una raccolta del 1926 in cui il pensiero poetico dell’autore colombiano immagina mondi alternativi, e sovverte gli esistenti con clownesca libertà;

Tremalume (Marcos y Marcos, 2022) e Da qualche parte nello spazio (Le Lettere, 2022; con un saggio di M. Natale e un autocommento dell’autore) sono rispettivamente la raccolta più recente di Fabio Pusterla, appena uscita, e una splendida antologia che raccoglie e riordina poesie scritte negli ultimi dieci anni;

Wirikuta di Agustín Jiménez (La Vencedora, 2022; con un epilogo di L. Amara e una fotografia di N. Lorusso) è il resoconto poetico di una stagione nel deserto del Catorce, luogo sacro agli huicholes del nord del Messico, popolato di ineffabili cerbiatti azzurri (i cactus jícuri sacri agli dei);

Dove sono gli anni di Gian Mario Villalta (Garzanti, 2022) è una raccolta stratificata e intensa, la cui ultima parte è dedicata al tema della sopravvivenza nell’era dell’antropocene;

Le piante di Darwin e i topi di Leopardi di Antonella Anedda (Interlinea, 2022) è un affascinante saggio sulle affinità di pensiero tra Erasmus Darwin, il nipote Charles e Giacomo Leopardi, all’incrocio fra scienze naturali, filosofia e poesia.

Luigi Bressan, Zelda Zanobini, Fabio Pusterla e Gian Mario Villalta sono presenti dal vivo; Agustín Jiménez interviene da Città del Messico, con Luigi Amara; Luis Vidales (1904-1990) parla attraverso la prima traduzione italiana delle poesie di Suonano campanelli (ma è presente Enrico Mitrovich coi suoi 150 attacchi alieni che corredano il libro); Antonella Anedda partecipa in collegamento video da remoto.

La rassegna è itinerante, per diffondere la parola poetica in diversi spazi della città e tessere reti tra le realtà sensibili ai temi ambientali. Alcune di queste – la Biblioteca Bertoliana di Vicenza, la Cooperativa Insieme, la ditta SIRCES s.r.l., l’associazione Meccano 14, Legambiente Vicenza, Rete GAS Vicentina ed EQuiStiamo – sostengono l’iniziativa anche con un aiuto finanziario; altre – Ronzani Editore, Exofficina, Unicomondo e ViCult – lo fanno prestando spazi, prodotti o servizi.

“Io guardo il cielo, il cielo che tu guardi”, inoltre, per tre appuntamenti (quelli con Luigi Bressan, Agustín Jiménez e Antonella Anedda) si innesta in altre due rassegne cittadine: “Di sana pianta” – ideata nel 2019 da Anna Altobello, Chiara Bortoli, Andrea Rosset, Fiorenzo Zancan, e organizzata dall’associazione culturale Artemis e dalla cooperativa sociale Insieme per aprire un dialogo tra ricercatori della natura, della filosofia, dell’arte – e “Imboscate” –  a cura di Lies, Porto Burci e Ife Collective, per riflettere con un approccio multidisciplinare oltre le alterità tra naturale e artificiale, umano e post-umano, animale e vegetale.

Gli aggiornamenti sulla rassegna si pubblicano nel blog https://direpoesia.wordpress.com/ (posta: direpoesia@gmail.com) e nelle pagine Instagram, Twitter e Facebook delle associazioni che sostengono la rassegna.

Tutti gli incontri si tengono a Vicenza e sono a ingresso libero.

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GLI AUTORI

Luigi Bressan (Agna, 1941) vive a Codroipo. Con la casa editrice Il Ponte del Sale ha pubblicato le poesie in italiano Quando sarà stato l’addio? (2007), El paradiso brusà (2014), che raccoglie l’intera opera poetica in dialetto, e Quetzal (2019); La viola di Strauss è uscito nel 2022 per Ronzani Editore. Ha fatto parte della redazione della rivista di letterature dialettali “Diverse lingue”, e suoi testi sono stati inclusi in antologie come Nuovi poeti italiani (a cura di F. Loi, Einaudi, 2004).

Zelda Zanobini è nata nel 1963 a Pisa, dove si è laureata in Ingegneria. Dal 1989 lavora nell’Industria. Risiede a Firenze ma opera altrove, principalmente in Veneto. Nel 2006 la rivista “Semicerchio” ha pubblicato alcune sue poesie; negli ani successivi altri testi poetici e narrativi sono stati inclusi in varie pubblicazioni. Nel 2020 ha partecipato al progetto Oikos. Poeti per il futuro (Mimesis). Nel 2021 è uscita la sua prima raccolta, Bianco (Transeuropa).

Luis Vidales (Luis Nelson Vidales Jaramillo; Calarcá 1900? 1904? – Bogotá 1990) è stato un poeta, giornalista, critico d’arte, docente e politico colombiano. Esordisce nel 1926 col suo libro più importante e innovativo, Suenan timbres, la cui prima edizione si esaurisce in tre giorni, suscitando reazioni molto accese – a favore e contro – e l’elogio convinto di poeti come Borges e Huidobro. In seguito vive a Parigi e a Genova. Torna in patria nel 1930, e nello stesso anno è tra i fondatori del Partito Comunista colombiano, cui resta legato per tutta la vita. Negli anni successivi continua a lavorare come giornalista e agitatore politico, organizzando un’intensa campagna contro la guerra col Perù, sostenendo e organizzando varie rivolte contadine e pagandone personalmente le conseguenze (viene processato e incarcerato più volte). Lavora poi come Direttore dell’Istituto Nazionale di Statistica e come docente universitario di Storia dell’Arte, e nel 1945 pubblica un suo Trattato di Estetica. Costretto all’esilio in Cile nel 1953, torna in Colombia undici anni dopo e riprende la sua attività di giornalista e di statistico, pubblicando anche una Storia della Statistica in Colombia (1975). Nel 1978 pubblica le poesie de La Obreriada; nel 1982 pubblica la sua Poesía inédita e gli viene assegnato il Premio Nazionale di poesia; nel 1983 riceve dall’Unione Sovietica il Premio Lenin per la Pace; nel 1985 escono El libro de los fantasmas, una Antología poética e Poemas del abominable hombre del Barrio de Las Nieves. Poco prima della morte, dalla sua casa vengono sottratti vari manoscritti inediti, ora perduti.

Fabio Pusterla (Mendrisio, 1957) ha esordito nel 1985 con la raccolta Concessione all’inverno (Marcos y Marcos; Premio Montale e Premio Schiller) pubblicando in seguito, sempre presso la stessa casa editrice, Bocksten (1989), Le cose senza storia (1994), Pietra sangue (1999; Premio Schiller), Folla sommersa (2004), Corpo stellare (2010), Argéman (2014), Cenere, o terra (2018) e il recentissimo Tremalume (2022). Einaudi ha allestito la sua prima antologia Le terre emerse. Poesie 1985-2008 (2009); Le Lettere la seconda, Da qualche parte nello spazio. Poesie 2011-2021 (con un saggio di Massimo Natale e un autocommento dell’autore, 2022). Tra i suoi saggi ricordiamo Il nervo di Arnold (Marcos y Marcos, 2007). Ha tradotto poeti come P. Jaccottet e A. Emaz, ed è stato tradotto in francese, tedesco, inglese, spagnolo. Vive ad Albogasio, sulla frontiera tra l’Italia e la Svizzera.

Agustín Jiménez (Città del Messico, 1955) è poeta, narratore, saggista, giornalista, bibliofilo e libraio. Ha coordinato supplementi culturali e pubblicato articoli di letteratura, arte, folclore e altro. Tra i suoi libri ricordiamo: Para distraer a Epifanio (Unam, 1996); Breve combate de inoportuna muerte (Verdehalago, 1999 ed Ediciones Ulises, 2017); Hay que tener paciencia para mirar un lirio blanco (Verdehalago, 1999); Antigua tabla de demonios (Torre de Lulio, 2002); A golpes de cabala Xilitla (Ediciones Lulio cartonero, 2006; Premio Nazionale di Poesia Efraín Huerta); Camino del haiku (El Tucán de Virginia, 2014; Premio Internazionale della Fondazione Giappone in Messico); Cantos para una dama huichola (La Vencedora, 2016); Los malandrines (La Torre de Lulio, 2021; con illustrazioni di Santiago Ulises Jiménez Ocegueda); Wirikuta (La Vencedora, 2022). Ha pubblicato anche libri per l’infanzia e ha collaborato col Circo Atayde per un progetto basato sulle grecherìe di Ramón Gómez de la Serna. Vive a Città del Messico, dove gestisce la libreria La Torre de Lulio.

Antonella Anedda (Anedda Angioy) vive a Roma e in Sardegna. Ha insegnato in università italiane e straniere, e ha collaborato con diverse riviste e giornali. Ha pubblicato le raccolte Residenze invernali (Bulla, 1989 e Crocetti, 1992); Notti di pace occidentale (Donzelli, 1999; Premio Montale); Il catalogo della gioia (Donzelli, 2003); Dal balcone del corpo (Mondadori, 2007); Salva con nome (Mondadori, 2012; Premio Viareggio-Répaci); Historiae (Einaudi, 2018). Per le prose saggistiche e narrative, ricordiamo Cosa sono gli anni (Fazi, 1997); La luce delle cose (Feltrinelli, 2000); La vita dei dettagli (Donzelli, 2009); Isolatria (Laterza, 2013); Geografie (Garzanti, 2021) e Le piante di Darwin e i topi di Leopardi (Interlinea, 2022). Il poeta Jamie McKendrick l’ha tradotta in inglese (Archipelago, 2014; Premio Florio per la traduzione), mentre le sue “libere versioni” o “variazioni” da più lingue sono raccolte in Nomi distanti (Empirìa, 1998 e Aragno, 2020).

Gian Mario Villalta (Visinale, 1959) è poeta, narratore, saggista, insegnante. Dal 2002 è direttore artistico di pordenonelegge. Ha pubblicato le raccolte di poesia Traccia (Niemandswort, 1982); Limbo (Nuova Compagnia Editrice, 1988); Altro che storie! (Campanotto, 1988; Premio S. Vito al Tagliamento); L’erba in tasca (Scheiwiller. 1992; Premio Laura Nobile); Vose de Vose/ Voce di voci (Campanotto, 1995 e 2009; Premio Lanciano); Malcerti animali, in Terzo quaderno italiano, (Guerini e Associati, 1992); Nel buio degli alberi (Circolo culturale di Meduno, 2001); Revoltà (Biblioteca Civica di Pordenone, 2003); Vedere al buio (Sossella, 2007); Vanità della mente (Mondadori, 2011; Premio Viareggio); Telepatia (LietoColle-pordenonelegge, 2016; Premio Carducci); Il scappamorte (Amos A27, 2019; Premio Latisana); Dove sono gli anni (Garzanti, 2022). Per la narrativa, ricordiamo almeno: Un dolore riconoscente (Transeuropa, 2000); Tuo figlio (Mondadori, 2004; Premi Napoli, Vittorini, Fenice Europa, Chambéry); Vita della mia vita (Mondadori, 2006); Alla fine di un’infanzia felice (Mondadori, 2013); Satyricon 2.0 (Mondadori, 2014); Bestia da latte (SEM, 2018); Parlare al buio (SEM, 2022). Per la saggistica: La costanza del vocativo. Lettura della “trilogia” di Andrea Zanzotto (Guerini e Associati, 1992); Il respiro e lo sguardo. Un racconto della poesia italiana contemporanea (Rizzoli, 2005); Padroni a casa nostra (Mondadori, 2009). Ha curato gli Scritti sulla letteratura di A. Zanzotto (Mondadori, 2001) e insieme a S. Dal Bianco, dello stesso autore, Le Poesie e prose scelte (Mondadori, 1999). Le sue opere sono state tradotte in francese, inglese, sloveno, serbo, russo e olandese.

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Io guardo il cielo, il cielo che tu guardi

ma io non vedo quello che tu vedi.

Le stelle se ne stanno dove sono,

per me luci confuse senza nome,

per te costellazioni nominate

prima che il sonno scioglierà il tuo ordine.

Ah, sognami senza ordine e dimentica

i tanti nomi, fammi stella unica:

non voglio un nome ma stellarti gli occhi,

esserti firmamento e vista chiusa,

oltre le palpebre, splenderti nel buio

tua meraviglia e mia, immaginata.

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Patrizia Cavalli, da Vita meravigliosa, Einaudi, Torino 2020; p. 6.

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Questo spazio, e gli incontri poetici che tra poco vi verranno annunciati e descritti, sono dedicati a Patrizia Cavalli (Todi, 17 aprile 1947 – Roma, 21 giugno 2022), la grande poeta dell’amore cercato, vissuto, gioito, sofferto, immaginato.

Perché Patrizia conosceva così bene l’amore? Perché la sua poesia è da cima a fondo un mare amoroso? Perché non si amava, perché sapeva che è per via della nostra impossibilità di amare che siamo condannati all’amore. L’io singolare proprio mio di cui sembrava, per non confondersi, ininterrottamente parlare, quell’io, “fosse mammerda e fosse anche cacazzo”, mezzo grammaticale e mezzo carnale, Patrizia se lo portava addosso come un’insufficiente, avida espiazione per la sua incapacità di amarsi e di amare. Per questo, come Elsa, alla fine Patrizia ha smesso di provarsi a espiare una colpa non commessa e, con la complicità dei medici, come Elsa si è lasciata scivolare nella malattia e nella morte. E come Elsa si rendeva impossibile l’amore amando fino alla follia uomini che non potevano ricambiarla, lo stesso faceva Patrizia con le sue mamme. Eppure, finché il suo corpo preistorico e la sua mente primordiale l’hanno sorretta, Patrizia ha scritto il più fanatico, pignolo e mordace canzoniere amoroso del novecento. E, proprio come in Elsa, la tragedia e la commedia, che parevano così insaziabili, cedono alla fine il posto a un gesto infantile – per questo, limpido, quasi sereno. Una cuffia turchina ritrovata come un regno o una di quelle tante sciarpe e foulards che Patrizia, nel suo esausto tragitto da una stanza all’altra, lasciava cadere su una sedia o sul pavimento.

29 agosto 2022
Giorgio Agamben

(fonte: https://www.quodlibet.it/giorgio-agamben-per-patrizia-cavalli)

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Questa foto è la più grande immagine a 360° del cielo notturno mai realizzata: è stata ottenuta dagli astronomi della NASA montando tra loro 18.000 immagini scattate negli ultimi 2 anni dal telescopio spaziale WISE – Wide-field Infrared Survey Explorer.
L’immagine mostra oltre 563 milioni di stelle, galassie, pianeti, satelliti, asteroidi e altri corpi celesti: è centrata sulla Via Lattea, la grande fascia bianca che attraversa in orizzontale il piano, e a due terzi dal centro c’è il Sistema Solare. Proiettando in 2D l’immagine tridimensionale del cielo, si ha una distorsione ottica che fa vedere una maggior densità di stelle (i punti blu-verdi) verso il centro della fotografia. Si tratta però soltanto di un’illusione, perchè la zona centrale dell’immagine mostra una porzione di cielo più grande rispetto ai bordi.
(da “Focus”: https://www.focus.it/scienza/spazio/la-nuova-mappa-del-cielo-dlla-nasa-dalle-immagini-di-wise-280312-22341)

A quanto pare, da qualche parte lì dentro ci siamo anche noi… ma cosa c’entra il cielo, santi numi?

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…ma che ore saranno…? e che giorno, che mese, quale anno? yaaaaawnn…

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Osteria n. 8 / 1: Luciano Caniato e Paolo Lanaro

Il primo dei quattro incontri della rassegna di poesia contemporanea “Osteria n. 8” vede protagonisti due maestri di quell’arte della parola e dell’emozione che può essere la poesia: lo scledense (ma vicentino d’adozione) Paolo Lanaro; il polesano, ma cresciuto e vissuto a Conegliano, Luciano Caniato.

Lanaro e Caniato, pressoché coetanei (sono nati rispettivamente nel 1948 e nel 1946), hanno esordito negli stessi anni (1981 e 1980), hanno pubblicato entrambi raccolte di poesia e scritti d’altra natura (Lanaro saggi e prose narrative, Caniato studi storici e letterari) e hanno libri recenti da cui leggere: per Paolo Lanaro, la Rubrica degli inverni (Marcos y Marcos, 2016) che è stata finalista in questo mese al Premio Viareggio, per Luciano Caniato L’ombra della cosa, una raccolta di sonetti amorosi in assenza appena uscita per le edizioni de Il Ponte del Sale di Rovigo.

La doppia lettura, introdotta da Stefano Strazzabosco, viene ospitata dall’Osteria del Cane Barbino di Anna Indri Raselli domenica 1 ottobre alle 18.00.

L’ingresso è libero fino a esaurimento dei posti disponibili e con consumazione (piacevolmente: siamo in un’osteria) obbligatoria.

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PAOLO LANARO è nato a Schio nel 1948 e vive a Vicenza. Ha insegnato nelle scuole superiori. Ha pubblicato le raccolte di versi: L’anno del secco (Savelli, 1981); Il lavoro della malinconia (La Locusta, 1989); Luce del pomeriggio e altre poesie (Scheiwiller, 1997); Giorni abitati (Ripostes, 2002); Diario con la lampada accesa (Edizioni del Bradipo, 2005); Poesie dalla scala C (L’Obliquo, Brescia, 2011; finalista al Premio Viareggio 2011, al Premio Diego Valeri 2012 e vincitrice del premio Contini Bonacossi 2012). La sua raccolta più recente è Rubrica degli inverni (Marcos y Marcos, 2017; finalista al Premio Viareggio 2017).
Ha curato l’antologia Forme del mistico (La Locusta, 1988) e nel 2007 ha dato alle stampe In tondo e in corsivo, un´antologia di saggi e interventi critici su scrittori veneti del Novecento. Nel 2014 è uscito un suo romanzo a sfondo autobiografico, Una tazza di polvere, e nel 2015 La città delle parole, una storia della Vicenza letteraria attraverso le vicende dei suoi scrittori più famosi. Con i poeti Fernando Bandini e Giorgio Faggin ha pubblicato Corrispondenze (2013), una raccolta di traduzioni.

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LUCIANO CANIATO è nato a Pontecchio Polesine (Rovigo) nel 1946 e risiede a Conegliano (Treviso), dove ha concluso la propria carriera di docente insegnando in un istituto superiore. Ha esordito in poesia con E maledetto il frutto, Bertani, Verona 1980, cui sono seguiti: Nevi, El Levante por el Poniente, Conegliano 1986, Pensierimi, El Levante por el Poniente, Conegliano 1990, La siora nostra morte corporale, Campanotto, Udine 1992, Di memoria e di pietà, Città di Vittorio Veneto 1998, Cardiodramma, Diastema, Treviso 1999, L’anima sui cop, Diastema, Treviso 2001, Medajun et alia, Marsilio, Venezia 2002, Maliborghi, Il Ponte del Sale, Rovigo 2010, L’ombra della cosa, Il Ponte del Sale, 2017. In campo critico ha pubblicato: La ragione e il disgusto (sulla poesia di Nelo Risi), Antenna Cinema, Conegliano 1989; Terra, lingua, origine in “Filò” di Andrea Zanzotto, El Levante por el Poniente, Conegliano 1991; Il potere l’urlo, l’erta strada, El Levante por el Poniente, Conegliano 1994 (in collaborazione con L. Cecchinel e M. Munaro); L’occhio midriatico. L’interpoesia di Cesare Ruffato da “Parola bambola” a “Diaboleria”, Longo, Ravenna 1995. Ne La bella scola. La Comedia di Dante letta dai poeti e illustrata, ha commentato il canto III dell’inferno (2003) ed è presente in Da Rimbaud a Rimbaud (2004). Ha curato l’Antologia dei grandi scrittori polesani, Biblioteca dell’Immagine, Pordenone 2011 e con Marco Munaro l’edizione critica: Gino Piva, Cante d’Àdese e Po e Bi-Ba-Ri-Bo’ (2016). È incluso nel volume In un gorgo di fedeltà. Dialoghi con venti poeti italiani (2006) a cura di Maurizio Casagrande e autore di numerosi saggi storici. Dirige dal 1977 la rivista Storiadentro.

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si può visitare la mostra

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SOTTO TORCHIO

le carte di dire poesia

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con orario 10.30 – 13.00 e 15.00 – 19.00, da martedì a domenica.

Le carte sono esposte a Casa Cogollo (corso Palladio 165, Vicenza).

Vale la pena passare a vederle; e vale la pena leggere l’articolo che Giovanna Grossato ha dedicato all’esposizione per “Il Giornale di Vicenza”.

Volendo, si può infine dedicare un pensiero affettuoso ai torchi, ai torchianti e ai torchiati di questi quattro anni di poesia a Vicenza (2008-2012). Prosit!

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Non è chiaro.

Lo chiederemo a George Elliott Clarke, oggi alle ore 18.00, al Ridotto del Teatro Comunale di Vicenza (ingresso libero): con Marco Fazzini (Università di Venezia), l’attore Michele Silvestrin e i chitarristi Bruno Censori e Gionni Di Clemente, per il secondo incontro di Dire poesia 2012.

In distribuzione anche i fogli stampati all’Officina dai torchi a caratteri mobili di Giovanni Turria, con l’inedito di Clarke (nei bar del centro sono disponibili i cartigli per il vino rosso, il prosecco o il caffè – chiedere lumi a Clarke).

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Oggi “Il Giornale di Vicenza” ha pubblicato una parte delle domande che Fabio Giaretta ha rivolto a Yang Lian la sera del 10 maggio, dopo la sua lettura a Palazzo Chiericati. Come al solito, per concessione dell’autore e per comodità dei lettori, riportiamo l’intervista anche qui:

Se volessimo giudicare lo stato di salute della poesia dall’afflusso di pubblico a Dire poesia 2010, la diagnosi apparirebbe chiara: essa mostra senz’altro una grande vitalità. Anche Yang Lian, ospite di lusso dell’appuntamento che ha chiuso a Palazzo Chiericati questa interessante rassegna poetica, si è visibilmente stupito di trovare davanti a sé una sala gremita di gente. “Ho quasi la sensazione – ha esclamato – che Londra e Pechino siano delle città così piccole…” Ed ha poi continuato: “Se sono qui è per provarvi che la tradizione della poesia cinese è ancora viva”.
Dopo l’esauriente presentazione di Marta Nori, insegnante di cinese al liceo Pigafetta, Yang Lian ha letto in cinese diverse sue poesie, tra cui La tomba dei saggi, un inedito stampato per l’occasione da L’Officina arte contemporanea, che sono poi state recitate in italiano dalle intense Martina Pittarello e Valentina Brusaferro.
Alla fine dell’incontro, abbiamo intervistato Yang Lian con la preziosa collaborazione, in veste di interprete, di Marta Nori che ringraziamo.

È vero che uno degli eventi che l’ha spinta a scrivere poesie è stata la morte di sua madre?
È vero. Mia madre è morta nel 1976. Io ero nelle campagne cinesi per la rieducazione a cui erano sottoposti tutti gli intellettuali. Prima della sua morte avevo scritto qualcosa, ma era tutto un po’ romantico e semplice, non avevo capito che la poesia nasceva dalla parte più profonda di me. Dopo la sua morte in me si è creata una sensazione di vuoto, anche perché ero solo, non c’era nessuno vicino con cui potessi sfogarmi. La poesia è diventata così l’unico modo di esprimermi, non solo per me, ma in qualche modo anche per parlare a mia madre. Quest’ultima sensazione segretamente è sempre con me. Mia madre ha fatto iniziare la mia carriera di poeta, però non ha mai letto niente di quello che ho scritto.

Lei e molti altri nuovi poeti cinesi siete stati accusati di praticare una poesia “menglong”, cioè oscura. Come mai vi venne data questa etichetta denigratoria?
Prima di tutto per me poesia oscura non è un nome corretto ed è nato perché la gente voleva criticarci in quanto non riusciva a capire quello che volevamo dire. Dal mio punto di vista la poesia oscura è stato il primo momento in cui abbiamo iniziato a ripulire la lingua dopo la rivoluzione culturale. Ci siamo sbarazzati di tutti quei paroloni come socialismo, comunismo, e siamo tornati un po’ alla volta alla lingua tradizionale o alla tradizione della lingua. Abbiamo parlato di morte, di vita, di sole, di luna, di dolore, però in un modo moderno, per esprimere i nostri sentimenti. Quindi siamo andati incontro alla lingua tradizionale per esprimere però una situazione attuale. Abbiamo espresso i nostri sentimenti nella nostra propria lingua, cioè nella lingua individuale di ciascuno di noi, quindi molto diversa da quella lingua di propaganda che aveva caratterizzato la Cina.

Qual è il suo rapporto con la poesia cinese classica?
Io scrivo in cinese, una lingua che è cambiata moltissimo. Amo la poesia classica cinese ma non c’è modo di copiarla. Quello che posso fare è pormi delle domande e porre delle domande anche alla lingua, le più profonde possibili. Quindi, da un punto di vista filosofico, la mia poesia serve ad esprimere la situazione dell’uomo. La poesia ha a che fare con la nostra vita. Anche se scrivo questa poesia, chiamiamola moderna, gli antichi poeti classici sono sempre dietro di me e mi guardano. Quando compongo una poesia devo anche chiedermi cosa penserebbero loro. Direi che la mia poesia è come una domanda moderna per rispondere alla quale devo raccogliere elementi da ogni direzione per essere creativo.

Il verso finale della poesia 1989 dedicata al massacro di Tian’an Men recita: “Questo senza dubbio è un anno perfettamente ordinario”. È uno strano verso considerando la portata dell’evento…
Quando accadde il massacro di piazza Tian’an Men tutti eravamo scioccati e increduli. Allora mi è sorta questa domanda: Dov’è la nostra memoria per tutti i morti che ci sono stati prima di questo evento, tutti i morti per esempio della rivoluzione culturale? Sembrava che fosse la prima volta che vedevamo dei morti. Se le nostre lacrime servono solo per lavarci la memoria, allora chi è che può garantire che non succeda un’altra Tian’an Men?

In Omaggio alla poesia lei scrive: “Sono un poeta / se voglio che la rosa sbocci sboccerà / la libertà tornerà”. Da questi versi emerge una grande fiducia nella poesia…
Quando ho scritto questa poesia ero molto giovane, quindi è un po’ romantica. Però a distanza di trent’anni la mia fede nella poesia è diventata più profonda e più forte. Penso che questo mondo globale stia diventando una globalità di cinismo e di egoismo in cui domina l’unione del potere e dei soldi globali. Anche se la poesia non viene rifiutata da questo potere e da questi soldi, tuttavia è la poesia a rifiutare loro. La poesia è la libertà del pensiero e della parola. La poesia è il luogo in cui possiamo opporre la nostra resistenza etica.

di Fabio Giaretta

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Yang Lian è arrivato a Vicenza e oggi sarà regolarmente a Palazzo Chiericati.
Questo è l’ultimo appuntamento di Dire poesia 2010, ma nel blog pubblicheremo altri articoli e foto, e riceveremo volentieri i commenti di chi ci ha seguito dal 21 marzo a oggi.
Grazie a tutti, a presto.

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