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Questa volta rendiamo omaggio alle persone che lavorano nell’ombra per Dire poesia.

Lo facciamo con uno scritto che ci ha mandato l’artista Giovanni Turria, vale a dire il principale responsabile delle torchiature cui sono stati sottoposti non solo migliaia di fogli, ma anche poeti,  amici, collaboratori e semplici conoscenti (a volte anche perfetti sconosciuti…).

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10 appuntamenti per 11 poeti vuol dire anche 300 metri quadrati di poesia su carta e davvero molto tempo passato alle macchine da stampa, visto che in occasione di ogni incontro sono state realizzate 290 plaquette numerate, di cui 110 firmate dall’artista, e 1.000 cartigli di caffè a poeta, il che fa 3.190 plaquette e 110.000 caffè corretti di poesia.

Perché questa operazione anacronistica, faticosa, intensa e complicata? Perché usare le vecchie macchine da stampa che nessuno impiega più è come scorrere sulle rotative del tempo: assaporando la forza degli ingranaggi e sentendo il profumo degli inchiostri. Le parole, imprimendosi sulla carta, prendono un senso più profondo e hanno più valore quando vengono assegnate in dono a chi ha assistito agli eventi. E allo stesso modo la strisciolina di poesia da portar via al bar, con il cappuccino del mattino, dovrebbe essere un omaggio benvoluto o inaspettato che reca su di sé anche la cura e l’armonia estetica con cui è
stato composto, ad augurio di un buon mattino.

La liturgia preziosa della stampa è stata assistita non solo dagli officianti officinali, come spesso scrive il Direttore del festival, ma anche da tanti amici che nottetempo e pomeriggio-tempo si sono affacciati all’Officina, a vedere i torchi in azioni e a volte hanno anche generosamente aiutato ad arrotare all’ultimo momento le carte poetiche e a strisciare kilometri di righe colorate sulle plaquette. E’ stato bello sentire da vicino la loro amicizia e gli entusiasmi, la loro curiosità nel capire quanto sia difficile mettere assieme le lettere di piombo e le forme di stampa che danno vita ai componimenti: a tutti questi tenaci “amici di piombo” – Direttore compreso, costretto talora a soccorrere i lavoranti – il mio più sentito grazie per avermi tenuto compagnia.

Giovanni Turria

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